In considerazione dello sforzo bellico in atto durante la II Guerra Mondiale, il III Reich dava grande importanza allo sfruttamento dei detenuti internati da impiegare nelle fabbriche tedesche; nell’ambito di questa ottica l’utilizzo dei detenuti nelle Miniere di Carbone era privilegiato e così fu anche per la Miniera di Brzeszcze–Jawischowitz che, sotto la giurisdizione del Consiglio delle Miniere della regione Slesia (HGW), venne sistematicamente ampliata. Nell’Agosto del 1942, in base ad un accordo stipulato tra l’HGW di Herman Goering e l’Ufficio dell’Economia e dell’Amministrazione Statale, il KL Auschwitz inviò 6.000 detenuti per il lavoro nella Miniera di Brzeszcze–Jawischowitz. Fu così istituito il sottocampo di Jawischowitz e fu anche la prima volta, nella storia dei campi nazisti, che venne sfruttato il lavoro dei prigionieri nelle miniere. Il 15 Agosto dello stesso 1942 vennero inviati dal KL Auschwitz I i primi 150 prigionieri con il compito di lavorare sottoterra. Fu destinata ad accogliere questi prigionieri una vecchia costruzione che in precedenza ospitava i lavoratori esterni; furono man mano costruite all’interno del campo diverse strutture, l’ospedale, le case per le guardie, le torri di guardia ai quattro angoli dell’area, i bagni, le cucine ecc., ed il tutto fu circondato da doppio filo spinato attraversato da corrente elettrica. Le torri furono occupate notte e giorno da sentinelle armate di mitragliatrici ed il campo, di sera e di notte, illuminato a giorno con decine di fari.
Il sottocampo di Jawischowitz fece parte del KL Auschwitz sino al 1943 ma, con la sua divisione in tre unità il campo passò a far parte del KL III Auschwitz-Monowitz.
Gli ampliamenti furono velocissimi e già nel Settembre del 1942 il campo contava oltre 500 prigionieri mentre a Luglio 1944 i detenuti internati erano più di 2.500.
La vita nel sottocampo di Jawischowitz era tra le più difficili tra tutti i sottocampi nazisti ed esservi trasferiti significava quasi sempre una pesante punizione che anticipava la morte. I detenuti venivano trattati in maniera disumana e sottoposti a crudeli punizioni tra cui la fustigazione pubblica e, per i reati considerati “gravi�?, l’impiccagione.
L’alloggio dei prigionieri era sempre sovraffollato ed in media il numero dei detenuti superava di ben 5 volte la capienza normale; uno dei pochissimi vantaggi di cui approfittavano i prigionieri era la possibilità di fare il bagno ogni giorno dopo il lavoro sottoterra e cambiarsi la divisa di lavoro con quella usata nel campo.
Tra i nemici dei detenuti, uno dei peggiori era l’inverno in quanto la vita negli alloggi non riscaldati ed il lavoro senza alcun abbigliamento adeguato, aggravato da razioni di cibo del tutto insufficienti, portavano la maggior parte dei prigionieri alla inabilità al lavoro e, di conseguenza, alla morte nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau. Per riscaldarsi i detenuti cercavano di contrabbandare pezzi di carbone estratto dalla miniera ed usavano come “camicia�? i sacchi strappati dove era contenuto il cemento.
Anche nel sottocampo di Jawischowitz, così come ad Auschwitz I, era presente un’orchestrina (composta da prigionieri) che era obbligata a suonare ogni volta che i detenuti andavano e ritornavano dal lavoro. La Domenica era considerata un giorno “festivo�? ed i prigionieri, sempre più denutriti e sfiancati dalla settimana lavorativa, erano obbligati a creare piccoli spettacoli ed a ballare al suono dell’orchestra mentre i loro aguzzini sorseggiavano birra dai posti di controllo.
La presenza dell’ospedale era chiaramente una vera illusione in quanto le ferite dei detenuti in miniera erano quasi sempre molto gravi e l’assistenza medica (i medici erano scelti tra i prigionieri) non era in grado di curare tali ferite per cui la maggior parte delle volte i feriti, dopo acute sofferenze, morivano. Uno dei punti chiave del regolamento ospedaliero diceva che la quota dei malati ricoverati nell’ospedale non poteva superare il 6% della forza lavoro e che la convalescenza doveva avere una durata massima di 2 settimane; i detenuti addetti all’ospedale cercarono con tutti i mezzi possibili di aiutare i feriti più gravi manipolando gli atti amministrativi dell’ospedale per allungare di qualche giorno la loro convalescenza.
La vita dei detenuti ebrei era costellata di regolamenti amministrativi antisemiti al punto tale da arrivare a sistemarli in baracche separate ed a vietare loro l’uso dei bagni degli altri prigionieri; in ospedale dovevano essere curati solo da medici ebrei; l’antisemitismo nel sottocampo di Jawischowitz era pesantissimo.
La notte tra il 18 ed il 19 Gennaio 1945 iniziò l’evacuazione del sottocampo; tutti i prigionieri furono costretti ad iniziare una marcia, a piedi e senza abiti adeguati, verso Wodzisław ad una temperatura di -20°C; per molti fu l’ultima marcia in quanto perirono nel viaggio mentre quelli che riuscirono a sopravvivere ed a raggiungere la destinazione furono imbarcati su carri ferroviari aperti, dei treni che trasportavano carbone, e condotti verso i campi di Mauthausen, Buchenwald e vari sottocampi in Germania.
Nella notte dell’evacuazione il sottocampo era occupato da 1.948 prigionieri, la maggior parte ebrei, e furono lasciati al campo solo quelli che non erano assolutamente in grado di camminare. (redazione)